C’è uno spazio
di grande respiro arcadico nelle icone pastorali di Davide Favaro
che, incantando lo sguardo sui particolari della vita giornaliera a
contatto con la terra e il lavoro campestre, tuttavia ne trascende
l’immagine, trasportando il sentire in un luogo senza tempo.
Un luogo non
tanto geografico, bensì storico, che ci riporta alle origini del
mondo, dove l’uomo, già nel neolitico, solo, in un territorio ancora
vergine, seppe ascoltare il grido della terra, che custodiva nel
suolo il seme della vita. Da allora fu un amore senza fine, un
dialogo ininterrotto alternato tra i tempi e le stagioni, nella
danza del dare e dell’avere, che avrebbe suggellato il patto di vita
tra la terra e l’uomo. Questo il messaggio profondo che si respira
nelle tele di Davide Favaro, insieme al fascino delle distese
infinite e degli spazi aperti sugli infiammati orizzonti.
Nelle
“aperture” pittoriche di Favaro, che definisco volutamente tali,
perché si tratta di vere finestre spalancate sulla natura, cogliamo
un atteggiamento di ascolto unanime nei confronti dei ritmi vitali
del giorno; le linee sinuose del gioco di mani al lavoro e dei corpi
intenti alle opere, tracciano sulla tela quasi una danza il cui
ritmo si innalza nelle volte ampie del cielo, che sovrasta ogni
scena e trascende il semplice vissuto.
I sentimenti
di fedeltà, di pace e di obbedienza alle leggi del creato che
emanano dai soggetti, rendono dolce il messaggio e infondono
sentimenti di laboriosa gratitudine..
Una ritrovata
concordia nei rapporti, in un monito ascensionale, partendo dalla
dimensione più umile di ogni giorno, in realtà trasporta l’anima che
osserva, sul palcoscenico universale del rapporto cosmico fra cielo
e terra, accuratamente evocato nella scelta della costruzione e nel
gioco prospettico di profondità ricorrentemente adottato.
La gamma dei
colori è solare, non solamente per la scelta preferenziale dei
gialli in tutte le loro gradazioni, ma per la diffusa e calda
luminosità che attraversa tutte le scene, e ciascuna in particolare
secondo i singoli l’interventi di colore, come se la nota di fondo
che fa da guida all’intero percorso artistico fosse proprio quella
luce in cui tutti siamo immersi.
Le forme
morbide e garbate dei corpi, che si muovono ondeggianti sotto
l’orizzonte e gli azzurri ritagliati fra la vegetazione e i piani,
ricordano le dolci composizioni della pittura italiana del ‘400, di
cui l’artista, consapevolmente, eredita e custodisce il tesoro e la
cultura di appartenenza, mentre, la stessa armonia formale ancora
fresca di studio e ricerca e il gusto del colore squisitamente
mediterraneo, ripropongono in chiave contemporanea, quel “sentore di
bellezza” che ha reso l’Umanesimo, scuola di pensiero unica e
inimitabile e conferito il primato alla pittura italiana nel mondo.
Serena Caleca
- Critico d'Arte
BIOGRAFIA
Davide Favaro,
nasce, vive e lavora a Padova, figlio d’arte, continua ad
approfondire la tecnica pittorica appresa dalla madre, negli anni
della carriera di lei. Dopo un periodo di riflessione, nel
riprendere in mano i colori, scopre una vocazione intensamente
personale. La natura e il creato nel suo svolgersi, lo affascinano e
lo sfidano in una ricchezza di stimoli, inquadrature e suggestioni
sempre nuove, come se il suo occhio d’artista si trovasse al
cospetto di un film sullo scenario della creazione, i cui
fotogrammi, rimasti nell’immaginario, rinascono nello spazio della
tela, densi del bagaglio culturale ed emotivo.dell’artista.
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